Tecniche

Surf ad alto digrado

Di Michele Nardi pubblicato il 16/12/11

Specialmente lungo la nostra penisola, eccettuando le isole, le spiagge profonde sono in netta minoranza rispetto a quelle basse, ma qui può capitare di tutto ed a tutti, nel senso che in questa tipologia d’arenile non è necessaria la grande tecnica che serve per lanciare lontano. Piccole o grandi che siano sulle spiagge ad alto digrado spesso le migliori sorprese si hanno entro i primi cinquanta metri.

Torniamo per un attimo indietro nel tempo, a quella che fù la filosofia degli inizi: surf casting “il voler vivere la grande avventura, quella vera, quella che normalmente viviamo solo in poche occasioni, non l’esigenza assoluta di prendere pesci. Abituarci ad apprezzare ogni momento che passiamo di fronte al mare, perché comunque vada sia sempre una vittoria”. Noi vogliamo credere che ancor oggi non sia cambiato niente! Il surf casting si evolve, ma in fondo è sempre quello, eccettuando le gare certamente. Si pratica in Oceano, in Mediterraneo o nel Mar Nero senza cambiare la nostra mentalità, l’attrezzatura ovviamente si. Quando abbiamo l’opportunità di poter pescare in una spiaggia veramente profonda e con il mare nelle giuste condizioni possiamo riassumere tutto il concetto in una sola parola: pathos. Qui si cerca e spesso si trova il pesce grosso, quello che segnerà un ricordo indelebile nella nostra memoria, quello che farà arrossire d’invidia tutti gli amici, quello che la fotografia renderà immortale! E via libera ai tentativi più arditi. Arenicola ed ami piccoli: ma chi li conosce? Prima di tutto è lo stato mentale che deve essere positivo, e preparato. Per questo è importante credere fermamente nella nostra attrezzatura e quando non siamo convinti di qual’cosa dobbiamo essere disposti a spendere un po’ di soldi per cambiarla. Il giorno precedente alla battuta di pesca dobbiamo già “essere in spiaggia” e vale a dire ottimizzare in ogni sua parte l’imminente uscita in modo da non lasciare nulla al caso perché, in verità, sono sempre di più le pescate che si decidono la sera prima seduti al quel tavolo dove prepariamo la nostra attrezzatura. Crederci sempre e preparare con cura tutto l’occorrente che potrà servirci. Qualora crediamo che il pesce dei sogni non sia segregato in essi, prima o poi riusciremo nel nostro intento, e guai a chi vorrà farci cambiare idea, guai a chi vorrà farci cambiare sport, guai a chi vorrà portarci al cinema! La spiaggia è il nostro cinema d’azione e l’azione si fa più forte quando le prede sono a tiro di canna, quando la spiaggia è così profonda da incutere timore, quando sembra che le onde ci vogliono inghiottire! Qui non ci sono metri e metri di lenza fuori che fanno da elastico, qui un pesce di quelli grossi, che partendo con l’esca in bocca trova la frizione del mulinello chiusa, spacca tutto e se ne va nel giro di pochi secondi. Alla beffa poi s’aggiunge anche il danno quando quel pesce rimane intrappolato sulla nostra lenza con pochissime probabilità di sopravvivere. Per spiaggia ad alto digrado s’intende quella dove il gradino di risacca è molto ripido ed il fondale a pochi metri dalla riva scende subito a qualche metro di profondità. Normalmente queste spiagge sono composte di sabbie grossolane o ciottoli ma non è sempre vero, infatti in oceano ci sono enormi spiagge di sabbia finissima che a dieci metri dalla riva ne contano sei, sette o più di profondità e quindi non si può assolutamente generalizzare. La prima cosa da fare per poter riconoscere a colpo d’occhio uno di questi arenili è quella di procurarsi un buon paio d’occhiali polarizzanti, infatti, solo così si può mettere bene a fuoco tutto quello che ci circonda ed anche la prima parte sommersa della spiaggia. Quello che ci interessa trarre dalla nostra osservazione è il tipo d’inclinazione della parte emersa, intuendo che anche la parte sommersa prosegue più o meno col medesimo andamento. Per fare questo ci porteremo vicino all’acqua e volgendo lo sguardo perpendicolarmente alla battigia sarà facile notare quanta inclinazione ha, di fatto, una spiaggia più è inclinata e più è profonda. Dopo cercheremo di vedere bene la consistenza dello scalino di risacca ed al riguardo c’è da ribadire che uno di oltre mezzo metro può essere già sinonimo di buona profondità.

TIPOLOGIA SPIAGGE

Cercando di rielaborare l’argomento semplificando i mille concetti scientifici vogliamo parlare di quelli che interessano direttamente il nostro mondo. Per intenderci, la differenza è la stessa che c’è tra Astronomia e "astrologia". Infatti, l’Astronomia è una scienza che si basa su fatti reali spiegati scientificamente e su complessi calcoli matematici, mentre l’astrologia è una teoria astratta che si basa sulla stupidità e sulla vulnerabilità delle persone (e non venite a dirci che l’Astronomia nasce dall’astrologia perché lo sappiamo benissimo, ma questo non cambia proprio niente). Quindi restiamo con i piedi per terra basandoci, come fanno gli astronomi, su fatti reali, lasciando perdere quel pianeta lontano milioni e milioni di anni luce che forse in qualche modo influenza l’appetito di tre mormore. Nel nostro prediletto Mar Mediterraneo ci sono tre principali tipi di spiaggia: le spiagge basse, le spiagge medie e le spiagge profonde. Le prime come ben sappiamo si trovano un po’ dappertutto mentre le seconde sono sicuramente meno fitte ma non certo rare. Quelle più rare sono le ultime in quanto si possono trovare sparse un po’ qua e là ma principalmente sono situate nelle isole. A titolo d’esempio citiamo la Toscana dove eccettuando le isole (con alcune belle e pescose spiagge profonde) si trova un'unica spiaggia profonda su centinaia di chilometri di costa: la spiaggia della Torraccia nei pressi di San Vincenzo (LI). Per non parlare poi del Lazio o di tutte le spiagge dell’alto Adriatico dove per ritrovare un discreto fondale dovremmo andare fino in Croazia. Situazione inversa è quella del Mar Ligure o quella del Mare Ionio, che vede numerose spiagge profonde sia dal lato italiano sia da quello greco. In linea di massima sulle spiagge che digradano velocemente si hanno maggiori possibilità di successo con poca luna o in assoluta mancanza, poi come sempre ci sono le eccezioni. Le differenze fra i tre tipi di spiagge che abbiamo evidenziato con preciso riferimento al Mediterraneo valgono, elevate a potenza, anche sulle coste oceaniche. I più eccezionali esempi di spiagge bassissime si trovano sulle coste atlantiche europee, fra il nord della Francia e il Regno Unito. Da quelle parti distese di sabbia quasi pianeggiante vengono coperte e scoperte quotidianamente dalle enormi escursioni di marea anche per più di un chilometro. Si pesca soprattutto con il flusso montante individuando i canali finché sono all’asciutto e facendoci arrivare l’esca non appena l’acqua li sommerge. La capacità di lancio lunghissimo diventa basilare perché l’acqua sale velocissima e poter pescare nello stesso punto per due lanci successivi vuol dire che al secondo tentativo bisogna lanciare anche il doppio che al primo! All’opposto, spiagge profondissime e con una risacca mostruosa si trovano sull’Oceano Pacifico, dalla California al Messico. La corrente sotto lo scalino è talmente sostenuta che farci stare fermo un piombo da due etti non è affatto semplice. Il fondale a poche decine di metri dalla riva supera abbondantemente i dieci metri e, invitati anche dalla fortissima corrente, si avvicinano a tiro di canna tante specie di pinnuti ed anche esemplari di squalo che passano abbondantemente i cento chili. Questi bestioni vengono pescati lanciando a fondo dei trancioni di pesce fresco, ma il problema vero non è quello di come convincerli ad abboccare ma quello di come trascinarli a riva. Qualche anno fa abbiamo visto nei pressi di San Diego degli pseudo pescatori utilizzare “sportivamente” dei pick up che trascinando la canna indietro per l’ampia spiaggia assolvevano il triste compito, e questo senza togliersi neppure il cappellone da cow boy!

STRATEGIA MARE MOSSO

Quando il mare respira forte, se la spiaggia è di quelle di cui stiamo parlando, spesso si genera un unico potentissimo frangente che si rovescia facendo molta schiuma solo in prossimità della battigia, ebbene, come sempre i pesci vanno a cercare cibo dove l’onda scava ed in questo caso ce li ritroviamo proprio sotto ai nostri piedi, ma non è facile pescare dietro ad un alto frangente, ci vuole metodo ed esperienza. Se canne rigide e lunga distanza possono essere armi vincenti di fronte all’acqua bassa, affrontare la spiaggia profonda con una canna di questo tipo e magari coadiuvata da una lenza sottile è pura follia, oltretutto è assolutamente inutile perché raggiungere la lunga distanza non è richiesto nel novantacinque per cento dei casi. In più una canna rigida, di quelle cosi dette senza cima, non riesce ad ammortizzare le onde nemmeno sulla lenza ferma in pesca, e questo vuol dire che il piombo farà una gran fatica a restare fermo. Molto meglio un’azione parabolica potente ma non troppo dura, con un fusto e in particolare una punta che all’occorrenza si flette, riuscendo a tenere fermo il piombo ed a manovrare nella risacca anche prede molto grosse. Utilizzeremo non più di due canne coadiuvate da mulinelli dedicati, lanciando, o semplicemente appoggiando il piombo pochi metri oltre al frangente in modo da far stazionare l’esca precisamente dietro l’onda (dove scava mettendo in moto così tutta la catena alimentare). Il tipo di canna adatta per assolvere egregiamente tale compito è sicuramente la tre pezzi, magari lunga intorno ai quattro metri e mezzo, in quanto questo tipo di canne normalmente offre un fusto con un certo “nerbo” ed una cima più morbida di quelle utilizzate nelle canne a ripartizione in due pezzi, le quali risultano solitamente anche un pò troppo corte per questo tipo di pesca. Infatti, se non riusciamo a mantenere distante il punto di immersione della lenza ci ritroveremo spesso in balia delle alghe o altro materiale in sospensione non riuscendo a stare in pesca e lasciando così la porta chiusa alle migliori occasioni. In questa condizione ripetiamo che le esche devono stare li ferme dietro al frangente. Per questo ed altri motivi che analizzeremo di seguito lo shock leader è d’intralcio, meglio collegare l’aggancio del trave direttamente al filo in bobina, che deve essere di diametro dallo 0,30 a salire. I travi ed i relativi finali saranno in fluorocarbon 100% in modo da avere una maggiore tenuta a grovigli e abrasioni, mentre la lunghezza ed i diametri dovranno essere scelti a seconda della corrente presente.

Esche: tutte quelle del surf, con predilezione di sarda, calamaro e cannolicchio vivo. Piombi: ad alta tenuta. Un nome: Triedro.

STRATEGIA MARE CALMO

Quando la spiaggia che abbiamo di fronte digrada velocemente e il mare è calmo o poco mosso non è certo la situazione ottimale. L’onda assente ed il fondo ormai chiuso non promettono niente di buono, ma alcune volte capita inspiegabilmente (il bello della pesca è anche questo) che i pesci ci sono e volendo provare non c’è niente di meglio che utilizzare un paio di canne leggere, tipo quelle da 120 grammi o da beach ledgering, anch’esse in tre pezzi e abbinate a dei mulinelli dedicati, imbobinati con fili di diametro intorno allo 0,22. Travi e finali saranno come sempre in fluorocarbon 100% con diametri ed ami scelti sempre in base alle esche utilizzate e alla corrente marina che anche quando non ce ne accorgiamo è sempre presente. In questo caso può essere utile anche lanciare un po’ più fuori (dobbiamo provarle tutte). Spesso è utile la terza canna, ovviamente più potente, da innescare con la sarda (anche senza piombo) o con il vivo alla ricerca di quel sogno di cui abbiamo già accennato.

Esche: vermi marini con predilezione di americano, bibi e verme di Rimini. Piombi: per un fondale che non presenta nessun ostacolo vanno bene quelli d’uso comune che affondano verticalmente. Un nome: Galileo. In presenza di fondo misto occorrono quelli con vere doti di sollevamento durante il recupero. Un nome: Roccobomb.

MAREGGIATA & PROFONDITA’

Come sempre il modo migliore per scegliere la spiaggia dove andare a pescare è quello di fare dei sopralluoghi, ma non sempre è possibile e perciò dobbiamo seguire i bollettini meteo che riguardano la zona prescelta e magari chiedere informazioni al negoziante di fiducia, il quale ha tutto l’interesse a dirci tutto quello che sa (ammesso che abbia anche un po’ di sale in testa). Una volta sul posto dovremo capire bene la situazione alghe in giro e se ce ne sono troppe cambiare spiaggia senza esitare, oppure, nelle situazioni peggiori cambiare addirittura zona. Per quanto riguarda il vento c’è da dire che quello forte in faccia spesso non è prolifico, in questi casi è molto meglio aspettare che si calmi un pò magari generando la scaduta che come tutti sanno è un ottimo momento. Uno strumento che può aiutarci a capire meglio la situazione è il barometro, per non lasciarsi sfuggire i momenti di crollo barico, quelli che fanno impazzire la spigola! Quando ci troviamo su un isola, se non è enorme, possiamo ricercare la condizione più prolifica spostandoci su tutti i quadranti: ecco è il grande vantaggio isolano. Un’altro strumento che fa al caso nostro è il binocolo, in modo particolare quando osserviamo le spiagge dall’alto per cercare le poste più interessanti, quelle dove l’acqua sbianca al punto giusto. Il binocolo spesso fa risparmiare tempo e chilometri quindi non è mai da sottovalutare. Principalmente la mareggiata si può dividere in tre fasi: montante, culmine, scaduta. A sua volta ognuna di queste tre fasi è composta di altre sottofasi ma il bello è che sulle spiagge ad alto digrado spesso è possibile pescare in tutte le fasi della mareggiata.

Fase montante

A differenza della scaduta l’inizio della mareggiata non è programmabile. Se abbiamo la fortuna di ritrovarcisi dobbiamo sapere che questo è il miglior momento in assoluto per il surf casting ma può durare pochissimo e ovviamente va affrontato con l’attrezzatura che abbiamo a disposizione. Particolarmente su spiagge profonde quando il mare da calmo inizia ad alzare l’onda, i pesci entrano spesso in frenesia alimentare ed in questi attimi è molto probabile fare ottimi carnieri di tutte le specie ma principalmente saranno la spigola, la mormora e la razza ad impazzire, avventandosi rabbiosamente sulle esche come non avrebbero altrimenti mai fatto. È un momento magico e bisogna proprio affrontarlo con il “ballo di San Vito” addosso se vogliamo sfruttarlo fino in fondo, senza perdere tempo neppure per slamare i pesci: s’innesca e si rilancia, finché dura il banchetto. Oceano o Mediterraneo non fa molta differenza, la nostra velocità si.

Fase di culmine

Anche la fase più forte della mareggiata non è affatto da scartare, infatti, quando si riesce a stare in pesca correttamente ci possiamo proprio divertire facendo surf casting nel modo più ortodosso. L’attrezzatura deve essere impostata sul pesante, utilizzando finali piuttosto corti dallo 0,30 a salire. In questo caso la mobilità dell’esca va diminuita il più possibile (è il mare che la fa muovere). Le prede più probabili sono il sarago e la spigola di taglia media, ma nelle spiagge molto profonde dove il fondo è meno interessato dalla forte turbolenza è probabile anche il grosso esemplare di ombrina. Questi grossi esemplari spesso viaggiano in coppia proprio sotto lo scalino o comunque a pochissimi metri da riva. Se ci troviamo in oceano nei pressi della fascia tropicale è meglio attendere la fase successiva, che però e spesso invasa dagli squali e purtroppo da quelli non molto grossi.

Fase di scaduta

Questo è il momento dove tutto può succedere, e di solito qualcosa di buono capita. Quando il vento cala le onde iniziano a perdere energia, anche se vedremo le creste alzarsi un po’ di più per effetto della mancanza del vento che poco prima le appiattiva. Successivamente, quando le onde s’abbassano sempre più e l’acqua da torbida inizia a cambiare colore, ecco la scaduta ed ecco che i pesci di tutte le specie vanno ad inghiottire tutto quello che c’è di commestibile. Certamente non tutte le scadute sono buone e qui entra in gioco l’esperienza, ma per chi non ce l’ha il nostro consiglio è quello di andare a pesca il più spesso possibile: solo così si avranno buone possibilità di trovare il momento magico. La scaduta va affrontata con attrezzi calibrati per ogni sua fase interna arrivando fino all’utilizzo di canne da beach ledgering nella fase più avanzata, che può essere lo stesso proficua o assolutamente sterile, ma sempre da provare ovunque ci si trovi. Nei mari della fascia tropicale ancor oggi capitano dei pesci che in pochi conoscono e perciò è meglio fotografarli e rimetterli in acqua!

PROBLEMA ALGHE

Affrontando una mareggiata o una scaduta ci possiamo ritrovare di fronte ad un problema che magari non era presente quando abbiamo iniziato a pescare ma in grado di rendere difficile o anche impossibile il proseguimento della battuta: le alghe in sospensione. Queste non sono altro che filamenti di posidonia morta che impigliandosi sulla lenza ferma in pesca aumentano sempre più il proprio volume e il peso, e quindi la nostra difficoltà di recupero dell’intera paratura. Infatti, una volta iniziato il recupero, la maggior parte si ammassano e si bloccano nel punto critico, cioè sul nodo del parastrappi, impedendo lo scorrimento della lenza fra gli anelli. Guai a chi usa un’anellatura stretta tipo Low Rider (la meno indicata in presenza di alghe), qui si rischia di rompere anche la canna oltre alla paratura e perciò dobbiamo andarci piano. Esiste però un rimedio, anzi due! Il primo è quello di eliminare quel nodo e utilizzare canne toste e ben anellate con passanti di ampio diametro coadiuvati da un’apicale che non deve mai misurare meno di dieci millimetri. Per questo utilizzeremo una bobina di scorta riempita con filo di diametro intorno allo 0,35 colorato (senza shock leader), in modo da avere sempre bene in vista la direzione dove stiamo operando. Ovviamente la distanza raggiungibile sarà notevolmente ridotta ma potremo in ogni modo forzare i lanci quanto basta per posizionare le nostre insidie sul punto prestabilito. Il secondo rimedio è quello di allontanare il punto d’immersione della nostra lenza e cioè di portare il più possibile verso il largo la parte di lenza sommersa. Per farlo ci sono due metodi che nei casi limite si possono anche abbinare: utilizzare canne lunghe piazzandole sulla battigia piuttosto vicino all’acqua e poco inclinate, dato che questi due fattori diminuiscono l’angolo e quindi fanno aumentare l’altezza totale della lenza rispetto alla superficie dell’acqua, inoltre, predisporre un puntale o un tripode che si possa allungare molto in modo da sollevare molto il tallone della canna dal suolo. Solo così si riesce a sorvolare il tratto di massima turbolenza dove in genere si concentra la maggior parte dello sporco in sospensione. Questa spesso è l’unica soluzione che consente di stare in pesca permettendo di fare numerose catture soprattutto di saraghi, che come ben sappiamo amano sostare in branco nella turbolenza e nutrirsi proprio in mezzo alle alghe.

Michele Nardi 

 

 


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