Tecniche

Surf in scaduta

Di Roberto Ripamonti pubblicato il 08/04/12

Ci sono delle situazioni in cui bisogna esserci oppure, fare di tutto per fondarci in spiaggia e provare perché finalmente, sono arrivate le condizioni perfette!

Chi ama il surf sa che lungo le nostre coste, le condizioni veramente perfette non sono facili da trovare a meno che non si disponga di un tempo libero praticamente illimitato. Le persone normali, chi scrive è tra queste, deve invece limitarsi a pianificare l’uscita sperando di trovare le condizioni giuste in coincidenza con la giornata libera. Non sempre è così anzi, la maggioranza delle volte si arriva in spiaggia dopo tre giorni di burrasca totale e si scopre, che il mare è tornato calmo e placido e che le condizioni perfette sono oramai alle spalle. A volte invece , bisogna riuscire a fare uno sforzo e catapultarsi in spiaggia per cogliere quella occasione che ci si sta presentando davanti. E’ il caso di una delle più belle pescate vissute dal sottoscritto , negli ultimi anni.

L’antefatto.

Volevo andare in spiaggia anzi, dovevo andare in spiaggia assolutamente per girare una puntata del mio programma “RR Fishing Adventures” per Sky “Caccia e Pesca ma, tutte le volte che avevo deciso di essere pronto, ricevevo notizie disarmanti sullo stato del mare; calma piatta. Nei miei progetti invece vi era la voglia di parlare di surf in scaduta e far vedere una situazione tipica delle nostre coste per poter spiegare il tipo di scelte che avrei fatto ma; senza mareggiata non esiste…scaduta per cui mi veniva già a mancare un primo tassello del mio progetto. Nonostante tutto, l’attrezzatura era pronta, le esche morte erano in freezer e a completare il quadretto mancavano solo alcuni bibi (l’esca che volevo usare) e qualche cannolicchio. Tutto sommato, sapendo da chi andare a acquistare le esche mancanti, mi potevo permettere il lusso di aspettare anche se il tempo strava stringendo. Finalmente, la bella notizia; un forza 6 si stava scatenando lungo le coste laziali / toscane con rinforzi di vento che salivano oltre i 30 nodi ed una previsione di almeno tre giorni di durata. Tutto suonava perfetto poiché questo coincideva con una paio di giorni di riposo dal lavoro per cui, con un po di fortuna, mi sarei ritrovato con almeno una giornata ed una notte davanti in piena scaduta. Tutto era pronto ed anche l’esca prescelta aveva raggiunto il mio frigo, lasciando quello del negozio dell’amico Italo Busi. Ora si trattava solo di aspettare il pomeriggio successivo per partire verso la zona di confine tra le due regioni, in una spiaggia che in condizioni di mare forte mi ha sempre regalato delle buone sorprese. Qui, feci una coppia di spigoloni l’inverno precedente pescando con il vivo. Qui avevo avuto alcune buone catture a spinning durante una fortunata mareggiata. Purtroppo, non sempre è domenica per cui sapevo di dover provare a pescare e speravo semplicemente di avere qualche pesce decoroso da mostrare alla telecamera senza nutrire ambizioni particolari.

La spiaggia.

Ansedonia è una spiaggia magnifica che evoca ricordi di surf di alto livello. La sabbia è media, il respiro della spiaggia è profondo e si possono facilmente vedere decine di settori di alta qualità alternarsi, offrendo tante opzioni di pesca. Non sempre è una spiaggia ricca di prede anzi, spesso mi ha bastonato ma, generalmente, una mareggiata l’ha sempre resa più generosa. Generalmente…..

Arrivato sulla spiaggia in compagnia dei miei soliti  compagni di pesca, decido di trovare un canalone profondo  e piazzare le mie due esche esattamente in mezzo ad esso. Il mare era chiaramente in scaduta anche se le onde si susseguivano ancora fragorose scavando e sollevando ancora con forza per cui, avevo deciso che un lancio sarebbe stato sui 60 metri mentre l’altro, a meno di venti metri dalla battigia. Entrambe le canne, innescate a bibi si basavano sul mio piccolo cavallo di battaglia in quasi tutte le situazioni di esca ovvero lo short rovescio scorrevole che, con l’avvento degli intrecciati è diventato ancora di più, il principe delle soluzioni terminali

Innescando un bibi piccolo, l’amo era un Aberdeen del 4 montato su fluorocarbon 026mm per un finale lungo circa 70 centimetri , molto resistente alla turbolenza che avevo davanti. Il fatto di pescare in un canalone ben strutturato facilitava, comunque,  tutta l’azione perché all’interno, a causa della maggiore profondità anche la turbolenza è molto minore rispetto a tutto intorno. Da qui, anche la scelta del piombo che era limitato ad un 120 grammi con spike appena aperti ma sufficienti a farmi stare perfettamente in pesca senza rotolare via. A dimostrazione che l’intera soluzione terminale era giusta c’era stato il primo recupero in cui avevo avuto modo di notare un paio di cose interessanti; l’esca era stata toccata e strappata e il finale era perfettamente steso e senza grovigli.

Perché scorrevole?

La scelta dello short scorrevole è puramente dettata dall’esigenza di avere una immediata percezione delle toccate anche più piccole per capire se vi è una , anche minima, presenza di pesce nella zona. Utilizzando gli intrecciati la già elevata sensibilità dello scorrevole diventa davvero sorprendente ed anche le mangiate di prede piccole si trasformano subito in “botte” notevoli che scuotono la canna. Il segreto, ammesso che di segreto si tratti, sta nella scelta dei materiali con cui comporre questo tipo di finale perché se è vero che in bobina pesco sempre più spesso con uno 012mm , anche la scelta di un shock leader conico adeguato è importante. A noi serve un materiale sufficientemente rigido che mantenga inalterate le possibilità di non perdere nessun segnale proveniente dal finale; se fosse invece troppo elastico rischieremmo di vedere ammortizzate alcune mangiate che si confonderebbero con il moto ondoso. Lo scorrevole, raramente si aggroviglia se lo  basiamo su fluorocarbon minimo dello 024mm (sotto diventa tutto più difficile).

Arrivano l’orata.

Dopo circa 5 minuti di riflessioni sul fatto che l’esca più lontana forse era in acqua da troppo tempo ed era quasi necessario effettuare un controllo, vedo la cima flettersi di colpo e quindi, rilassarsi mentre il filo va in bando. Recupero veloce ma, interdetto, perché pensavo fosse un problema dello spike e del piccolo elastico (vecchio a dir poco) con cui era bloccato e invece mi accorgo che dall’altra parte vi è qualche cosa che tira e produce qualche testata. Inutile ferrare perché la preda si è agganciata da sola per cui mi godo questo  combattimento con una preda che , nel sottoriva, fa qualche storia. La trascino fuori dall’acqua e vedo che si tratta di una orata di circa tre etti con l’amo ben piantato in un lato della bocca. In un attimo tornano a mente quelle emozioni sopite che hanno sempre contraddistinto il mio rapporto con il surf; una sorta di piccola felicità interiore che mi fa tornare indietro nel tempo. Certo, oggi pesco con attrezzature che qualche anno fa erano inimmaginabili e con diametri che permettono distanze siderali ma, non è questo il punto. Le nostre spiagge sono spesso maltrattate dai professionisti e vedere che esistono ancora situazioni  di pesca a pochi chilometri da casa è una grande emozione. L’orata è la regina e in questo caso, si tratta di un bel pesce! Proprio per questo, la rilascio senza troppi dubbi e mi rimetto a innescare perché il mare appare in stato di grazia.

Sale la marea.

Bello, sentire il respiro delle onde man mano che sale la marea. Tutto sembra rilassarsi e i settori ora sono disegnati in modo perfetto invitandomi a lanciare con precisione per non mancare l’occasione. Posiziono una canna a circa 80 metri proprio nel lato sinistro del canalone e con essa, cono short con un piccolo bibi che copre l’amo interamente. La seconda canna finisce in pesca a circa 50 metri, coprendo il lato destro dello stesso canalone offrendo un grosso americano come inganno. Dalla tabella che ho appena controllato sull’…I Phone (esiste una comoda Apps che ci dice le maree), verifico che mancano due ore circa al culmine per cui, siamo nel momento della verità. Passano dieci minuti e “parte” la canna lontana. Sin dal primo istante, scopro che non si tratta di una orata ma, di un sarago di taglia piccolina. Un tempo in questa spiaggia avevo effettuato belle catture di questa specie per cui la cosa non  mi stupisce per nulla ed incassata la cattura (e rilasciata dopo una foto) mi rimetto in azione in modo frenetico. Pochi secondi ed arriva una nuova piccola cattura poi, una pausa di circa mezz’ora. Oramai è buio pesto, la marea è quasi al culmine e la canna sotto costa ha un sussulto deciso. Ferro e mi rendo subito conto che si tratta di qualche cosa di bello visto che la preda si produce in fughe abbastanza decise. Il mio finale è una sicurezza e l’aver scelto di salire con il diametro al calare delle tenebre, si rivela la scelta giusta. E’ una sarago di circa un chilogrammo; una preda veramente superba che  si dibatte nella battigia prima di finire in secco. Per una volta decido che questa preda mi farà fare una bella figura con gli amici che, da troppo tempo sentono notizie di prede senza vederne quasi mai una, sulla nostra tavola.

Esche e scadute.

Dal mio personale punto di vista la scaduta ci riporta nel surf tradizionale in cui esistono alcune esche che fanno sempre il loro dovere. In questo caso metto al primo posto il bibi perché le forti mareggiate scavano a fondo e sollevano molta di questa esca. Ovviamente è preferibile vivo ma, anche surgelato garantisce qualche ottima possibilità. Il cannolicchio è una eccellente esca che funziona sempre e comunque per cui, averlo nella scatola delle esche è una scelta certamente vincente. L’americano è una ottima alternativa che regala soddisfazioni su tutte le specie e che in mare mosso o in scaduta, funziona sempre egregiamente. Non considero l’arenicola un investimento che porti a risultati particolari per cui, rimando questa esca a situazioni di reale difficoltà come il mare piatto e le alte pressioni.


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