Tecniche

Torpille o spallinata? Questo il dilemma!

Di Marco de Biase pubblicato il 16/04/09

L'inverno non vuole mollare la presa sulla nostra penisola, è uno dei più duri che ricordi da circa vent'anni a questa parte. Per fortuna, le acque dei porti si son mantenute calme e più temperate rispetto al mare aperto, ecco quindi che parecchie specie di pesci hanno preferito le placide insenature artificiali anziché le profondità. Gran gioia per noi pescatori, infatti nei mesi di dicembre e gennaio si sono registrate, in quelle poche giornate tiepide che il "Generale Inverno" ci ha lasciato, diverse catture di rilievo, sia di spigole, orate che di cefali. Quest'oggi vorrei focalizzare la vostra attenzione proprio su quest'ultimo, il cefalo, un pesce che continuo ad amare perché con le sue fughe e spettacolari capriole riesce sempre a sorprendermi per quanto sia astuto.

Assieme all'amico Roberto, siamo stati a pesca in porto durante il primo weekend di febbraio, col cielo nuvoloso e brezza moderata da sud ovest. Era mio interesse sfoderare una montatura diversa da quella del mio compagno, che aveva deciso di pescare con la classica torpille scorrevole e due braccioli, innescando la mollica di pane. Ho pensato e valutato diverse geometrie possibili nella costituzione di un morbido trave che potesse scendere in acqua senza insospettire lo sguardo sospettoso dei cefali girovaganti nell'area d'azione della pastura. La scelta è ricaduta su una "spallinata" di circa 120 centimetri, con l'obiettivo di capire quale delle nostre montature fosse la più idonea. Una serie di micro-piombini così sistemati risponde egregiamente alle esigenze principali della pesca in calata, in quanto circa il 50% della piombatura è

 presente nella parte alta del trave, mente il restante 50% è distribuito a sp

ezzoni irregolari e crescenti andando verso il basso. Pertanto il pesce, mentre sta piluccando la mollica di pane, non andrà ad avvertire il peso della montatura in quanto esso è distribuito a circa un metro e mezzo (120 cm del trave + braccioli) dall'amo.

Aperte le nostre bolognesi di sei metri e sistemati i panchetti, abbiamo sapientemente bagnato la pastura. Uno sfarinato molto semplice, composto da circa 1 chilo di pane grattugiato, 100 grammi di semolino, 200 grammi di pecorino romano andato a male, che ho avuto in regalo da un ristoratore. Sebbene le nostre mani avessero un odore non certo allietante per l'olfatto delle signore (colpa del pecorino romano...), speravamo che questo miscuglio di sostanze bomba potesse avere effetti benefici sui muggini. Ovviamente, dopo aver mescolato l'impasto, lo abbiamo fatto riposare per alcuni minuti, poi Roberto ha dato inizio ad una pasturazione pesante per richiamare i branchi di cefali sotto il nostro hot spot. Le prime palle di brumeggio erano pari alla grandezza di un'arancia, poi sono scese a quella di un mandarino ed, infine, per il mantenimento durante l'azione di pesca, ad una noce. E' stato fondamentale, a mio parere, pasturare anche durante la fase di cattura, in quanto il lottare dei pesci, se avvertito dal branco, può portarlo ad allontanarsi repentinamente quindi il lancio di piccole quantità di brumeggio può essere la chiave di volta a questo inconveniente.

 

Completata l'operazione di sondaggio del fondale, decidiamo entrambi di pescare alla stessa altezza, con due terminali rispettivamente di 30 e 40 centimetri. In particolare, abbiamo utilizzato il monofilo Più Più della Tubertini e degli ami serie 228 del 14 sempre della stessa casa, dotati di occhiello e trattamento al nickel. Questo con lo scopo di presentare allo stesso modo l'esca ai nostri cefali che, prima di entrare in pesca, erano già stati richiamati dal lancio delle suddette "arance" di pastura artigianale. Per quanto concerne il resto della montatura, lo si può notare prendendo in esame loschema allegato. Roberto ha preferito utilizzare la torpille classica da 1,5 grammi a perfetta taratura di un galleggiante a goccia. Diversamente dal mio vicino di postazione, ho sistemato in circa 120 centimetri di lenza una decina di pallini, a scalare, sempre mantenendo un galleggiante a goccia da 1,5 grammi.

Il primo a catturare è Roberto. La cosa mi rende gioioso, in quanto il gioco vale la candela! Un piccolo muggine entra nel guadino dopo un breve combattimento. Poco più di qualche minuto ed arriva anche il mio turno. Una doppietta, quale altra sorpresa più gradita! Salgono verso la superficie dell'acqua, si dimenano, lottano fino allo stremo mentre la mia canna dall'azione parabolica stanca a dovere entrambi i pesci. Consumate le loro ultime energie, si lasciano andare e cadono sfiniti nella rete del guadino. E' nuovamente la volta di Roberto, che ha in canna un cefalo più grosso del precedente. Non vuole saperne di salire a galla, infatti punta verso il fondo dove sicuramente ci sono alcuni ostacoli sommersi, costituiti dalle ancore e pesi morti di alcune barche attraccate ai pontili galleggianti. Con un abile lavoro di frizione ed antiritorno, Roberto dà anche spettacolo ad un curioso visitatore, il quale, incredulo, assiste alla scena con molto interesse. Anche questo secondo cefalo è salpato dal mio collega. E siamo a quota due contro due. Uno sfidino che si annuncia interessante.

Improvvisamente, il vento incomincia a diminuire di intensità e si calmano anche le acque del porto. Mentre mi dedico alle fotografie da utilizzare per la stesura di questo articolo, la mia canna parte letteralmente in acqua. Una figuraccia da principiante, che forse non dovrei raccontare, ma che vale il pesce più "panzuto" della giornata. Questa volta c'è bisogno di attenzione, in quanto la mole del pesce potrebbe mettere a dura prova l'esile terminale dello 0,10. Ecco quindi che il dosaggio della frizione, misto all'apertura dell'antiritorno (come fatto anche da Roberto, in puro spirito inglese) sono un valido deterrente per bilanciare la potenza di un cefalo di taglia che, in alcuni momenti, sembra tirare come un treno. Alla fine, la battaglia l'ha vinta il sottoscritto, che rilascia nella nassa quest'altro cefalo, arrivando a quota tre contro due, complice una doppietta. Dopo questo tour de force, le catture di Roberto si interrompono. Al contrario, continuo a notare diverse mangiate con relativi affondamenti del galleggiante. Uno dopo l'altro, per una mezz'oretta, continuo a salpare cefali, di tutte le taglie, rilasciando accuratamente quelli più piccoli che guadagnano immediatamente la libertà, senza esser fotografati per non sottoporli a stress eccessivi. Prima della chiusura, poi, verso le 11.30, il vento si intensifica e noto Roberto osservare attentamente le piccole spiombate del galleggiante. Tac! Preso! Un'altra ampia ferrata e pesce in canna, di normale pezzatura che finisce nella piccola nassa a far compagnia agli altri cefali mattutini.

 

Le catture non si sono fatte attendere, per entrambi. Però ci sono state sensibili differenze di pescato tra me e Roberto, infatti ho vinto lo sfidino con 9 cefali contro 3. Siamo d'accordo, la differenza non è particolarmente rilevante. Però non è un caso che la mia lenza abbia pescato per tre volte il quantitativo del mio vicino di postazione. A primo acchito abbiamo pensato al fattore "C", davvero presente in molte competizioni ma anche in sfidini amatoriali come i nostri. Ripensandoci, poi, ci siamo resi conto che tale "C" era irrilevante, anche perché entrambi eravamo in azione a circa un metro l'uno dall'altro. Conformazione del fondale? Differenze nella presentazione dell'esca? Colpa della torpille "secca"? Merito della spallinata?

 

L'attenta disamina ha portato ad una conclusione molto chiara, dopo una piccola stretta di mano nella più sincera sportività: i cefali erano molto sospettosi, con la brezza leggera gradivano una presentazione più ferma dell'esca, mentre con condizioni di quiete e vento assente era preferibile il fluttuare del batuffolo di pane. Poiché la pesca al cefalo, nella gran maggioranza dei casi avviene proprio in quest'ultimo caso, è meglio operare con una coroncina di pallini, così da rendere morbido l'ingresso del pane in acqua e più lenta la sua discesa verso il fondale. Quindi, geometria, matematica e fisica, materie tanto odiate ai tempi del liceo, possono essere realmente applicate a lenze e montature, a patto che si conosca a fondo la preda da combattere, con le sue abitudini e capacità. Tutto ciò, però, è un argomento di discussione molto scottante tra i pescatori, perché cozza con la corrente di pensiero dell'esca ferma ed immobile, preferita dal muggine. Dimostrarne il contrario ed arrivare ad un sano confronto non sarà difficile, magari seguendo le indicazioni di questo articolo.

 


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