Tecniche

Trote d'apertura

Di Davide Ricotti pubblicato il 30/04/14

Eccoci qua, ci siamo, dopo la chiusura per il periodo della riproduzione si ricomincia a dare battaglia alle trote nel loro ambiente naturale, il torrente.

Qui l’acqua scorre, e il suo scorrere ha un rumore del tutto suo, vivace e allegro, la forza della corrente traccia strade diverse, scavando buche, formando cascate, lasciando nel dritto lunghe piane e lame scavate nella roccia. Qui non è solo prendere un pesce. Tutte le volte che lancio i miei amici artificiali in questi ambienti mi ci perdo con la mente, la mia fantasia di pescamatore mi porta a pensare che ci possa essere il pesce della vita, nascosto sotto un sassone là in mezzo alla corrente, oppure sotto una cascatina formatasi in modo naturale, è una pesca per me tra le più avvincenti e appassionanti. Certo che, in tutte queste belle emozioni c’è la difficoltà di un ambiente che proprio nella sua ricchezza di cambiamenti derivati da stimoli nuovi in ogni metro d’acqua; noi pescatori con esche artificiali ci dobbiamo adattare, con esche, lanci, e recuperi diversi a secondo delle situazioni presenti: vediamo di capirci qualcosa di più.

Come dicevo, in questi posti bisogna adattarsi ai cambiamenti repentini. Prendiamo per esempio la tecnica che dobbiamo adottare in corrente. Io consiglio di fare i primi lanci vicino alla nostra riva, a volte i pesci si rifugiano proprio lì, specialmente se arriviamo per primi nella zona di pesca; dopo di che lancio dopo lancio sondiamo la zona fino alla riva opposta. Detto così è più che logico, tengo a ripetere questo concetto perché quando si arriva sul torrente, viene d’istinto, non conosco il motivo, di fare lanci lunghi compromettendo la zona di pesca. Cerchiamo di fare arrivare il nostro artificiale il più vicino possibile ai giri d’acqua che si formano sotto ai sassi nel letto del torrente. Possibilmente non dobbiamo arrivare in questi punti con il lancio, ma cercando di farci arrivare la nostra esca in trattenuta aiutandoci con la corrente, che di solito ci è nemica.

Per questa tecnica bene si prestano i rotanti con la paletta direttamente inserita sull’asse, che ci permettono di lavorare meglio in corrente, riuscendo a sondare anche gli strati d’acqua in profondità e per la mia esperienza in queste condizioni sono più pronti nella rotazione della stessa. I modelli con il cavalierino li consiglio in presenza di buche o di lame con acqua meno veloce. Usiamo sempre la corrente a nostro vantaggio, in pratica per stanare le trote dai sassi, fermiamo il recupero in prossimità dei rigiri d’acqua. La forza della corrente farà sì che il nostro cucchiaino rotante sia in pesca girando la paletta a forte velocità emanando molte vibrazioni, ma con spostamenti in avanti molto lenti. Quindi teniamo canna bassa in modo da aiutare l’esca a stare in profondità. È un movimento semplice che se fatto bene dà buone soddisfazioni, specialmente nella ricerca dei pesci quando non vediamo attività. Come dicevo pescando in ambienti naturali si ha la piacevole incognita di poter ferrare la trota della vita, selvatica nata e cresciuta in quel posto. Certo sono sempre meno i corsi d’acqua dove questo è possibile, se ci troviamo nel posto giusto può capitare, bisogna provarci! Si, il mio consiglio è di farlo in questo modo: dopo aver sondato con i rotanti la zona, rifacciamo il tratto che più ci dà fiducia con minnow o crank dai 7 agli 11 cm. Non sempre l’esca grossa rende un pesce grosso, sicuramente andiamo a selezionare il più possibile la taglia dei nostri amici salmonidi. Non dimentichiamoci dei minnow lipless, che danno la possibilità, fermando il recupero, di presentare al nostro predatore una preda in caduta libera, poiché questo tipo di esca artificiale quando la lasciamo cadere non lo fa in modo omogeneo e pesante, ma con un movimento leggero e sfarfallante che imita un pesce foraggio ferito. Parlando di crank io trovo perfetto lo Shaddy di RAPTURE (9 cm per 16,5 gr) dotato di paletta a “L”. Questo particolare aiuta a mantenere l’assetto quando abbiamo continui cambi di corrente, con conseguenti cambi di pressione sulla paletta. Per i lipless consiglio il Crazy Pencil, sempre di Rapture, di 8 cm per 12,5 gr. Gli ondulanti non dobbiamo tralasciarli, con questo tipo di artificiale riusciamo a essere in pesca in corrente sia con recuperi lenti e omogenei, sia con jerkate strette, e infine fermando il recupero in caduta, ottenendo in questo modo diversi tipi di vibrazione durante lo stesso recupero.

Questo discorso vale per le acque libere. In caso di uscite di pesca in acque gestite come riserve turistiche, le trote, anche se di taglia grossa, sono cresciute in allevamento e il loro comportamento è del tutto diverso. Non parlo di marmorate perché è un discorso che merita un articolo tutto suo. Per gestire bene le esche descritte tenendo presente la forza della corrente consiglio canne da 2 mt a 2,20 mt con potenza di lancio dai 4 ai 21 gr tipo la Rapture XANTIA . Parlando di mono pezzo la Rapture BLADE 7 ft. Come mulinello un buon 2000 e un nylon 0,20 mm oppure treccia da 7 lb, in questo caso usiamo un finale in fluorocarbon per non aver problemi di abrasione provocata dallo sfregamento sui sassi. Per la giunzione tra i due fili meglio il nodo che la girella, in quanto durante il recupero tende ad incastrarsi nei sassi compromettendo l’azione di pesca. Io con i miei amici mi sono sempre divertito seguendo queste regole, ma non smettete mai di sperimentare perché questo è lo spinning: fantasia e ricerca di tecniche nuove.


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