Racconti

Una manciata di artificiali in acque di cristallo

Di Testo e fotografie di Marco Altamura pubblicato il 07/10/15

Avevo iniziato a testare le attrezzature messemi a disposizione da “Rapture” in pieno inverno, nella stagione cioè durante la quale risultava molto complicato effettuare catture da allegare sotto forma di foto alle relazioni stilate su canne, mulinelli e artificiali. Me l’ero cavata con qualche bell’esemplare di Lacustre, alcuni grossi cavedani ed un inaspettato luccio di grande mole; a dire il vero mi ero subito reso conto della qualità dei materiali in questione semplicemente tenendoli tra le mani, ma occorreva una prova documentata sul campo  per testimoniare quanto ampiamente e dettagliatamente trattato nei testi. Poi, con l’arrivo della bella stagione, ho avuto modo di effettuare ottime catture anche di grossi pesci che mi hanno permesso di fornire un ampio panorama fotografico di supporto alle relazioni ed agli articoli. A questo punto mi mancava  un test da effettuarsi in acque correnti alla ricerca di salmonidi utilizzando un’attrezzatura da “light spinning”; l’idea era quella di usare la nuova Delsol, una classica due sezioni di lunghezza mt 2.40 nel modello S 802 ML con potenza di lancio da 3 a 15 gr effettivi (1/8 – ½ Oz ) e un Line rating di  4–10 Lbs, adatta ad uno spinning da praticarsi con artificiali dal peso contenuto, sfruttandone la capacità di proiettarli a grandi distanze e, al contempo, di percepire ogni piccolo movimento degli stessi in acqua grazie alle doti di grande sensibilità e controllo. L’occasione mi si è presentata un sabato di maggio, quando cioè un forte temporale del giorno prima aveva innalzato il livello delle acque del fiume preso in esame per l’uscita, mettendo in attività predatoria le trote. L’unico dubbio era rappresentato dal colore delle linfe che non dovevano risultare troppo opache, pena la scarsa visibilità da parte dei pesci nei confronti degli artificiali proposti. Dopo un rapido consulto su internet per apprendere come si sarebbe presentata la giornata dal punto di vista del meteo, decido di partire per la montagna e nel breve volgere di un’ora sono sul posto prescelto; purtroppo devo constatare che le acque sono grigiastre, molto più adatte ad una sessione di pesca con le esche naturali piuttosto che con gli artificiali. Ma tant’è e quindi opto per iniziare perlustrando una lunga spianata a corrente moderata con un ulteriore apporto d’acqua dovuto allo straripamento di un canale sovrastante. Questo posto in tanti anni di frequentazioni mi ha regalato belle catture di trote Fario e Marmorate, ma oggi la giornata è estremamente luminosa e ciò non depone a mio favore. I salmonidi sono pesci lucifughi, ovvero amanti della penombra, e con una grande luminosità rimangono al riparo negli anfratti del fondo per uscire in caccia solo la mattina presto e al crepuscolo. A mio favore però c’è il fatto che l’acqua alta e velata trascina a valle una grande quantità di alimento che le trote sono pronte a non farsi sfuggire. Sono momenti questi che possono regalare anche catture eccezionali in termini di peso; in situazioni analoghe mi è capitato più di una volta di catturare la “Big”, quasi sempre una Marmorata del peso anche di 3/4 kg. Eccitato da questi pensieri inizio ad ispezionare la corrente utilizzando uno Spinner VB del numero 3 con paletta oro e punti rossi. L’artificiale entra immediatamente in rotazione appena tocca l’acqua e questa è una qualità indispensabile per un cucchiaio rotante quando si opera in acque correnti, considerando che il più delle volte l’attacco avviene durante i primi metri di recupero. Inoltre “tiene” bene anche le correnti moderate e, in una situazione come quella odierna di acque opache, può contare oltre che sul senso della vista dei pesci, anche sulle vibrazioni a bassa frequenza emesse dal corpo a campana, vibrazioni percepite dall’orecchio interno del pesce e dalla sua linea laterale, entrambi meccanismi molto complessi che facilitano la localizzazione delle prede. Proseguo risalendo il fiume ed ispezionando il sottoriva opposto con lanci mirati nelle zone d’ombra generate dalla vegetazione ripariale e, giunto nei pressi di un grande salto d’acqua che occupa tutta la larghezza del fiume, mi prodigo con lanci che sondano le correnti di ritorno situate ai bordi della cascata e finalmente ho modo di apprezzare la sensibilità e la prontezza di reazione della Delsol quando ferro in sequenza due trotelle di circa venticinque centimetri che attaccano con veemenza il rotante. Niente a che vedere con la potenzialità che questo luogo può offrire e così, dopo una mezz’ora, decido di spostarmi con l’auto alla ricerca magari di qualche affluente dalle linfe cristalline. La mia scelta ricade su un tributario posto qualche chilometro a monte caratterizzato dalla forte pendenza che facilita lo scarico veloce delle onde di piena, riportando in breve tempo il livello idrico e la trasparenza dell’acqua a livelli ottimali. Ovviamente questo posto richiede un approccio del tutto diverso rispetto a come ho affrontato il fiume di fondovalle; qui l’ambiente è molto ristretto, l’acqua è limpidissima e lo spazio utile per ricevere l’attacco è molto limitato, ergo necessitano alcuni accorgimenti fondamentali per averne successo. Innanzi tutto è fondamentale affrontare il riale in risalita, bisogna inoltre porre molta attenzione nel non proiettare la propria ombra in acqua ed infine occorre essere estremamente precisi nel lancio perché qui più che in altri luoghi è assolutamente imprescindibile “mettere” l’artificiale nel punto esatto dove il salmonide staziona in attesa di cibo. Anche parte dell’attrezzatura va adattata al luogo, iniziando dal mulinello che dall’SX-1 4000 FD passa allo stesso modello ma di taglia 2000 caricato con il solito trecciato Dyna Tex Spin X4 di colore verde nello spessore mm 0.10  con un terminale di circa settanta centimetri di fluorocarbon Fluo Spin dello spessore mm 0.181 connesso tramite un nodo” Doppio Albright”. Qui trovano la loro corretta applicazione artificiali di dimensioni e pesi contenuti come il “Trout Fry”, l’”Hot Bean”, l’”Hiroshi Minnow 50” e lo “Spinner VB”, veri gioiellini micidiali per questo tipo di acque. Con queste premesse inizio a risalire il riale affrontando i vari spot con l’Hot Bean che con la sua  paletta direzionale pronunciata è adatto a sondare le profondità delle piccole buche e dei salti d’acqua; la prima a farne le spese è una coloratissima Fario di 24 cm che si è “materializzata” dal nulla ed ha aggredito con insospettata ferocia il piccolo crank: veloce foto di rito e ritorno nelle spumeggianti linfe del suo riale. Ora risalendo incontro una spianata di circa venti metri dove l’acqua profonda circa cinquanta centimetri lambisce un muraglione di contenimento scavando alla base dello stesso interessanti rifugi per i salmonidi; decido di sondare lo spot accucciato presso il terreno per celarmi alla vista dei pesci e, dopo aver cambiato artificiale ed aver optato per il Trout Fry nella versione da 48 mm per 4.0 gr di peso, effettuo il lungo lancio ed attuo un lento recupero che parte da dove l’acqua spumeggiante genera la spianata per giungere proprio vicino alla mia postazione. Arrivato quasi a fine corsa, l’artificiale viene aggredito con fermezza da un’altra Fario uscita da sotto le fondamenta del muro citato: il poco filo in bando fa si che la trota si ferri da sola ed attui una strenua difesa fatta di salti e capriole fuori dall’acqua prima di arrendersi per la foto ed il meritato rilascio. Continuando a risalire vedo molte trote, alcune anche di discreta taglia, fuggire impaurite dalla mia presenza compromettendo di fatto le possibilità di altre catture.  Intanto si è fatta l’ora di pranzo e scendendo verso valle incontro una vecchia Osteria nella quale è ancora possibile gustare piatti locali dal sapore antico. Non me lo faccio ripetere due volte e ne approfitto; le ore susseguenti non sono propizie a questo tipo di pesca così decido di togliere gli stivali, sedermi appoggiandomi ad un albero ed attendere che il sole descriva ombre più lunghe e mi consenta un approccio più credibile. Verso le ore sedici, rifocillato e riposato, decido di riaprire le ostilità con rinnovato entusiasmo ed inizio a risalire un altro affluente parallelo a quello del mattino; qui la pendenza è minore e sono più frequenti le cascatelle con annesse spianate in cui le trote trovano riparo lateralmente sfruttando le radici degli alberi e qualche manufatto di contenimento. Traggo molta soddisfazione dall’utilizzo del Trout Fry e dal suo movimento lento e sinuoso, capace di essere efficace anche in pochi centimetri d’acqua; amante come sono dei lipless, riesco a tirar fuori il meglio da questo artificiale che abbisogna, visto la mancanza del timone direzionale, di continue sollecitazioni impresse con il vettino della canna per animarlo a dovere ed avvicinarlo il più possibile alla figura di un pescetto dall’andamento incerto e pertanto più vulnerabile. Identifico in una lenta correntina il luogo ideale per l’utilizzo di questo artificiale e, dopo il lancio, lo richiamo a favore di corrente alternando brevi scatti a soste anche di qualche secondo; proprio durante una di queste soste vedo “staccarsi” dal fondo una trota che con una fulminea virata afferra la parte posteriore del Trout Fry e riparte contro corrente. Corta ferrata di polso e mi ritrovo all’altro capo del filo uno spettacolo di colori: le Fario di questi ambienti hanno livree bellissime ed alcuni esemplari, rari a dire il vero, possono vantare nel patrimonio genetico la provenienza dal ceppo Mediterraneo, presente in Italia ormai in pochi paradisi sopravvissuti alle semine scellerate di materiale di dubbia provenienza tipiche degli anni ’80 e ’90. La Fario in questione, pur essendo del più rustico ceppo Atlantico, si fa ammirare per delle coloratissime macchie “parr” distribuite lungo tutta la lunghezza dei fianchi e tipiche degli esemplari giovani. Solita foto e via, di nuovo in acqua. Non ho ancora utilizzato uno dei miei artificiali preferiti, l’Hiroshi Minnow 50, e quindi risalgo alla ricerca di uno spot adatto a questo piccolo minnow.  Ne scelgo uno con fianchi oro , finitura a specchio e dorso nero ( gold ayu ), lo connetto al terminale con un nodo a gassa e sono pronto a sfruttarne le doti catturanti. Incontro un salto d’acqua di circa un metro di altezza sotto il quale la schiuma al centro lascia spazio ad invitanti ritorni di corrente laterali con anche zone ricoperte da vegetazione che rappresentano sicuri rifugi dai quali le trote tendono agguati agli incauti animaletti bentonici; proietto il piccolo minnow ai lati della cascatella e mentre nella parte sinistra dello spot non registro alcun attacco, sulla destra un’altra Fario non si fa sfuggire l’occasione di farsi uno spuntino! La Delsol risponde con prontezza e subito mi ritrovo in canna quella che poi si rivelerà la trota più bella della giornata. Si tratta di un pesce di circa trenta centimetri, una femmina dai colori chiari con punti di un rosso vivo e presenza di macchie “parr” sui fianchi. Ha aggredito l’artificiale in pancia ed è rimasta vittima dell’ancorina centrale; la adagio su una roccia e, dopo le foto, la rilascio nel suo torrente. Ora non mi rimangono molti spot a risalire perché il riale diventa sempre più piccolo; ricordo che un po’ più in alto vi sono ancora due salti d’acqua discreti e prima di riporre le armi voglio raggiungerli. Sostituisco l’Hiroshi Minnow e torno all’Hot Bean con finitura Silver per sondare bene la colonna d’acqua della prima cascatella; la sua innata tendenza a “tuffarsi” in profondità lo porta proprio davanti al muso di una Fario in attesa di cibo che manifesta subito di apprezzare il menù e attacca con decisione: breve combattimento, foto con l’esca in bocca ed immediato rilascio. Qualche decina di metri più a monte raggiungo l’ultimo spot pescabile e decido di affrontarlo con l’antesignano di tutti gli artificiali: il cucchiaio rotante. Prelevo da una tasca del mio gilet ( Pro Tech Pack ) il già citato Spinner VB con pala oro e punti rossi e lo connetto al terminale con l’ausilio di una piccola girella + moschettone per scongiurare fastidiose torsioni del monofilo. Il numero tre della serie in realtà è sovradimensionato per questo riale, ma decido comunque di utilizzarlo; lanci brevi e precisi mi consentono di essere efficace non appena l’artificiale tocca l’acqua e la perfetta rotazione della paletta mi regala l’ultima trota della giornata, un’altra Fario di 28 cm che catturata in un luogo così angusto si può a ragione considerare un’ottima cattura. Anche se non escludo la presenza di altre trote più a monte, ora non è più possibile proseguire per le esigue dimensioni e la scarsa portata d’acqua del riale. Velocemente smonto l’attrezzatura, mi arrotolo gli stivali fino alle ginocchia, rubo un ultimo sguardo a quel paradiso e mi incammino in discesa fino a ritrovare l’auto che raggiungo dopo circa quaranta minuti. Anche se l’intenzione primaria era quella di pescare sul fiume principale, le circostanze mi hanno dato l’opportunità di trascorrere alcune ore in un luogo incantato dove ho assaporato il gusto di uno spinning dal sapore antico riproposto in versione attuale con l’utilizzo di attrezzature all’avanguardia nel rispetto delle tradizioni che la montagna sa offrire a chi ne apprezza fino in fondo la sua essenza. A consuntivo, posso ritenermi soddisfatto per le sei trote catturate in un contesto che ha messo a dura prova le attrezzature in primis, la strategia di un corretto approccio poi, e le doti fisiche necessarie per affrontare in sicurezza questi ambienti considerando che l’orologio del tempo cammina inesorabilmente e non concede deroghe a nessuno.


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