Racconti

Una pescata ad Umbertide

Di Samuele Bellan pubblicato il 01/10/10

Sono andato ad Anghiari (AR) con l’intenzione di mettere un caminetto nella vecchia casa di mia nonna. Il caminetto che ho scelto è questo… anche se è tutto diverso, nel senso che al posto dei mattoni ho scelto dei pezzi di cemento che vernicerò di bianco come i muri e in più sotto ho previsto un arco per mettere la legna (che costa 13 euro al quintale… lo sapevate?)

Quale occasione migliore per una bella pescata nel Tevere.
Per me il Tevere era sinonimo di Anghiari, al punto che quando alle elementari mi dissero che il fiume di Roma era per l’appunto il Tevere, ho pensato che mi stessero prendendo in giro.
Ora il tratto del fiume che passa dal paesello e diventato riserva di pesca a mosca, forse la più famosa del centro Italia. Quindi per pescare “a modo” bisogna scendere nella vicina Umbria.
Non ho tempo per prepararmi la roba quindi opto per un posto dove possa parcheggiare la macchina dietro il sedere, in modo da poter prelevare con comodo quello che mi serve dalla montagna di cianfrusaglie che ho nel bagagliaio…la scelta cade sul bellissimo campo gara di Umbertide.
Alle 7 e 45 sono sul fiume…vediamo un po’ cosa c’è nella busta delle esche…pan grattato, pastura fondo mare bianca, pastura fondo mare al pesce, mais, vermi e pane per tramezzini.
Opto per un ledgering light al cavedano e al barbo…preparo una pastura con molto pan grattato, un po’ meno di pastura fondo mare bianca (al formaggio) e un tocco di fondo mare al pesce (ma sono ad Umbetide o a Livorno?)
Visto che l’acqua è leggermente torba per via delle acquate dei giorni precedenti, sull’amo metto vermi (Veronese l’Innesco del Garista).
Amo 6314B del 18 (che per essere un 18 è bello grandino), un metro di 0,12 Power Colmic, girella, brillatura sulla lenza madre del 20, perlina, moschettone con cage feeder da 20 gr, perlina, nodo di stop a 30 cm. La canna è una Abu Garcia Enticer Pro da 10’, il mulinello è l’Amico Mitchell.

Pesco sulla tre quarti lanciando ogni 5 minuti, ma non prenderò il primo barbetto (15 cm) fino a che non innescherò un pezzettino di pane. Insisto però con i lombrichi, a cui taglio le estremità per renderli più sugosi. Tante toccate, ma niente pesci…blocco il pasturatore per aumentare l’effetto autoferrante, ma la mossa vincente sarà accorciare il terminale a 65 cm. Arrivano altri barbetti come il primo…i pesci sono in pastura, sono piccoli ma spero che attirino l’attenzione dei loro babbi.
Mi cade lo sguardo sul catino con la pastura e la vedo veramente pallida e un po’ triste. Non si può guardare! Aggiungo quindi un po’ di granturco…ecco, ora è più allegra e vivace.
Sull’amo alterno pane, vermi e mais. Non ho grandi risultati e mentre penso se cambiare linea di pesca, il vettino si piega energicamente come per dire “Ma che sei grullo? Cambi zona di pesca dopo due ore che pasturi nei soliti due metri !?”.
La frizione si fa sentire, sono contento di avere in canna un pesce che valga la mattinata. E’ sotto il pelo dell’acqua, mi sembra una carpetta, cerco di avvicinarla…invece si allontana…slamata!!!…mannaggia a li pescetti!!!
Pazienza, almeno l’ho vista e non ho strappato.
Poi è la volta di una scardoletta che cade sul granturco, piccola, ma veramente simpatica.
Stop alle mangiate…ricasco nella tentazione di cambiare linea di pesca e inizio a pasturare con mais sfuso quasi sotto sponda. Faccio un tentativo ma niente…riproviamo nel solito posto.
Innesco due chicchi di mais, lancio e punto il vettino…un accenno di mangiata, seguito da una piega progressiva, ma più che decisa…ferro e la frizione mi canta “frrr…frrr…E’ una Carpa …frrr…frrr”.
Ripeto fra me e me con ritmo costante “Questa la prendo … Questa la prendo”. Gioco di antiritorno e frizione, la vedo... “Non la prendo … Non la prendo” … devo avere fiducia e il mantra ritorna positivo “Questa la prendo … Questa la prendo”.
Combattiamo…giochiamo al tiro alla fune, tirando un po’ per uno…ma ora è stanca…mi inginocchio per presacchiarla, ma riparte e punta il sottosponda, non so come faccio a trattenerla con la mia piccola 10 piedi da alborelle.
La sua boccona riaffiora e mi manda i bacini, mi allungo…bene…bene…si…ce l’ho! Lascio la canna e con due mani ritiro il presacchio.
E’ proprio un bel pesce, mi piace, è scuro, mi sembra proprio un pezzo di Tevere. Faccio qualche foto con il mio cellulare rotto, misuro i suoi 56 cm di squame, non la slamo, perché si è slamata da sola, la sollevo e la faccio scivolare verso casa.
Un rammarico…me la potevo godere un po’ di più, nel senso che ero più concentrato nel fare le foto con quel macinino, che nel guardare e apprezzare di “prima persona” quel bell’esemplare. Un po’ come i giapponesi che fotografano tutto per poi guardarselo a casa, invece di goderne sul momento.

Il vento si alza, fa freddino, i pesci sembrano spariti, mi telefona l’amministratore di condominio…a questo punto posso proprio andare a casa.
Prendo la strada che costeggia il fiume, trovo solo un roubesiennista con la moglie:
“Si prende qualcosa ?”
mi risponde “Qualcuno si prende…qualcuno rompe”
Mi domando se quel “qualcuno rompe” fosse riferito a me…invece aggiunge “Quelli che rompono sono barbi”.
Guardo qualche passata. Me ne vado.

Ciao Amico Tevere che scorri sopra barbi cavedani Carpe e una montagna di ricordi.

Samuele


FacebookTwitterGoogle+Invia per email

Collabora


Ti potrebbero interessare anche: