Di Luigi Colucci pubblicato il 02/03/10
Alcuni giorni nascono con un fremito, un desiderio, una semplice fantasia che ci riporta indietro nel tempo e ci fa sognare che il tempo stesso non sia mai trascorso. Nel naso hai l' odore dell'acqua, quella limpida, quella trasparente che scorre cheta di sasso in sasso e, aprendo gli occhi, c' è un accenno di sorriso non sul volto, ma nell' anima...è ora di andare.
Atti abitudinari...la canna, la coda, il gilet con le mosche, un paio di stivali e una bottiglia rigorosamente vuota che riempirò sul fiume...già sul fiume!
Il sole è già alto, ma so che non conta nulla perché oggi si va lì, dove nasce la vita stessa e dove tutto è nascosto dal bosco, la dove il sole riesce solo a sbirciare trai i rami. Prima un tornante poi un altro e curva dopo curva sembro dimenticarmi la strada che ho fatto fin qui e con essa, gli obblighi, gli impegni, la frenesia di una quotidianità che ti divora in un boccone ma che qui, chissà perché non mi raggiunge, qui le sue fauci non possono azzannarmi.
Lascio la macchina al solito posto davanti a quella vecchia casetta dell' A.N.A.S. abbandonata con le tegole in cotto tutte smosse, con le crepe nelle pareti e le travi in legno dalla quali si vede il fondo della valle. Senza fretta infilo gli stivali e indosso il gilet, monto il mulinello nella ghiera e faccio passare la coda tra gli anelli... il cappello, gli occhiali e giù per il sentiero che mi porterà in un mondo lontano, qualcosa di intangibile e pure reale: il fiume. Lungo il sentiero mulattiero che percorro si notano ancora i resti dei fasci di legna raccolti dai boscaioli e dei trucioli sudati che cadono dal dorso oscillante dei somari carichi del prezioso legno. Passo dopo passo ecco un roveto di spine che i più disattenti evitano senza accorgersi del dolce regalo che le foglie nascondono: le more!
Spavaldo e soddisfatto continuo il percorso attraversando il vecchio ponte romano e degustando le caramelle che madre natura mi ha concesso sino ad arrivare ai bordi del torrente.
Eccolo finalmente, il mio caro amico che scorre impavido in questa gola, tra un tronco di faggio e un masso di basalto sospira l' acqua salutando il mio arrivo
L' odore della lavanda e del muschio risvegliano i sensi dal fumo della città che rende grigia anche la vista, che appassisce ogni sapore...qui tutto è diverso, qui finalmente...sono a "casa".
Una march brown sull' amo del 14, un lancio curvo sotto una frasca a pelo d' acqua, il lento scorrere dei miei desideri tra la pellicola superficiale dell' acqua e...una bollata interrompe il mio sguardo attento sulla mosca che ormai è scomparsa!Eccola! Salta e mi saluta di schizzo in spruzzo tentando di scappare tra una ninfea e un letto di foglie, la canna si tende e la lotta diventa sagace. Giro la canna a destra, poi a sinistra e poi di nuovo a destra, pochi secondi ed ecco: "sei mia!"
Una piccola figlia del mio amico fiume, una piccola speranza di colori e squame, con le gote blu dalla timidezza, tutta racchiusa in una mano.
Attese, viaggi, ore di preparativi, sentieri e ancora, lanci, imitazioni giuste e il tutto si riassume in una mano?E' davvero solo questo che mi fa battere così il cuore?Sono sicuro di no, il fiume avrà qualcosa ancora da dirmi...
Riapro la mano e con una scodata d' amicizia la piccola va via a nascondersi dietro ad un sasso per non farsi ammirare più.
Continuo il mio risalire e, di lancio in lancio mi godo spensierato una flebile tramontana che scende dall' alto della gola a portarmi un pò di fresco sollievo in questi caldi giorni di inizio estate.
Il tempo qui vive tra le ali di una cincia che fischietta in lontananza e le coda di uno scoiattolo che ogni tanto si affaccia da un buco in un vecchio olmo per vigilare sul tesoro di ghiande che in esso vi ha nascosto.
Ancora una trota, poi un' altra, oggi il torrente è generoso e più ci avviciniamo alla sera più le luci cambiano, le ombre tra i rami si spostano minuziose di foglia in foglia attendendo il tramonto per allungarsi a suolo e prendere vita.
D' un tratto eccomi giunto ai bordi di una bella buca profonda, su un lato da una roccia sgorga sorgiva una vena d' acqua di neve e ai suoi piedi un bel masso mi invita alla sosta. Dopo aver riempito la bottiglia vuota ed essermi dissetato della linfa dei monti, mi siedo sul bivacco di granito attendendo l' attimo in cui il fiume prende vita.
Mentre osservo il fondo di quella vasca naturale, un' assiolo dall' alto di un vecchio traliccio del telefono attira la mia attenzione. Attraverso quel cavo la in alto proprio in quell istante stanno passando le voci di mille persone che non conoscono neppure lontanamente quello che succede qui. Le loro voci attraversano di traliccio in traliccio ettari di frassini e acacie, rivoli e colline, sospesi tra la terra e il celo quelle voci, quelle persone, non hanno idea di quanto questi luoghi hanno da dire e di quanto, queste voci, avrebbero da ascoltare.
Ecco comparire dal fondo del bosco un tasso grassoccio che si accinge a bere poco lontano da me, mi osserva e con fare disgustato mi da le spalle quasi a ricordarmi di non addentrarmi nel bosco e che, con quelle sue mammelle gonfie, ha dei cuccioli da proteggere nascosti sotto una radice in una tana non lontana.
All' improvviso il verso stridente e intermittente del rapace appollaiato trasforma i miei pensieri nel ricordo di un suono, il rumore stridulo di quel "bip bip" fastidioso della sveglia della "mulino bianco" che ogni mattina mi obbligava ad aprire gli occhi...i tempi della scuola! L' odore dell' orzo e del pan biscotto appena sfornato, il sapore del miele e le premure di mia madre. Il vestirsi in fretta e furia perché in casa faceva freddo e quel grembiule che proprio non mi andava giù! Le corse per le scale, il gelo sul parabrezza di quella fiat 126 che si metteva in moto solo se prima tiravi l' aria e poi la levetta d' accensione accanto al freno a mano. La cartella rossa con dentro la merenda, le figurine panini scambiate all' intervallo...
Eccoci, un volo tra i ricordi che la natura mi ha inspirato, un 'altro motivo per cui sono qui!
E intanto, un insettino minuscolo si posa fragile sulla lente dei miei occhiali polarizzati. Incrocio goffamente gli occhi ma non metto a fuoco, e così tolti gli occhiali da sul naso riapro gli occhi e...è lei, l' effimera! Un esserino regale, dall' indescrivibile fragilità che dopo un anno di vita nascosta al buio dei ciottoli sul fondo del fiume è riuscita trasformarsi, è riuscita a cambiare di colpo le proprio abitudini rinnegando la sua natura acquatica e volgendosi al sole, alla luce, alla verità!Ha nuotato tra la corrente, dall' acqua all' aria, verso un mondo sconosciuto senza nemmeno sapere se ci sarà una ricompensa per questo cambiamento...un atto di coraggio. Un intera vita racchiusa in poche ore premiata con la concessione di un amore, e tutto questo, solo per donare alla vita la possibilità di ripetersi in un nuovo ciclo.
Così alzo gli occhi e lo spettacolo era iniziato: la schiusa!Migliaia di piccole farfalle che fluttuano in quello scenario di fate, in quella tela di colori dove si chiamano e richiamano le une con le altre per danzare alla gioia, per ballare al tramonto l' ultimo soffio di vento.
Sono loro, l' anima di un fiume che non vuole morire, l' anima di un amico che non vuole spirare e con la voce dei sui figli chiede ogni volta di essere ascoltato.
Così ancora seduto su quella roccia non oso interrompere tale magia, e mi accorgo di farne parte ormai poiché se sono venuto al mondo è per essere lì in quel momento, e per essere lì in silenzio ad urlare con quell' amico che la speranza è ancora viva.
Ormai è buio e sono in macchina, tra i fari accesi e le curve che tra un po' diventeranno centro abitato, tiro le somme di quanto ho appreso, e, del perché mi ostino ancora a testa bassa a tornare in un luogo che quando sparirà rimpiangerò come si piange un padre.
Il mondo con le sue tecnologie è arrivato anche qui, i prelievi idrici, i fili del telefono i sentieri che scompaiono lasciando posto all' asfalto...
Eppure anche oggi in questo luogo mi rendo conto che il mondo è sempre più vicino, ma allo stesso tempo così lontano...tutti parlano, ma pochi ascoltano eppure anche oggi il fiume mi ha insegnato qualcosa, proprio tramite le mie alleate, le effimere, che mi hanno dimostrato come si vive un'intera vita in una condizione, e poi la si cambia con una trasformazione in pochi attimi. Basta volerlo!
Qualche altro chilometro e sarò a casa, riappropriandomi della maschera della quotidianità ma con la coscienza che quando gli uomini capiranno i segni della natura, quando abbandoneranno il fondo per emergere a nuova vita, quando con una metamorfosi si innalzeranno verso un mondo che ignorano, la natura stessa saprà ricompensarli e sarà allora, che questo sogno sarà più che una semplice speranza, tra le ali di un' effimera.
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