Racconti

Amarcord: racconto 2° classificato, "il sibilo del filo"

Di Stefano Bellisari pubblicato il 24/03/11

Voglio quì raccontare perchè nessuno me lo impedisce una storia che ha origini ben radicate nel tempo , diciamo circa 30-35 anni fà.

La storia narra le vicissitudini di due persone.... ed una carpa.

Vi era un bel giovanotto , carnagione scura , capelli ricci,  petto in fuori e una passione sconfinata per la caccia e la pesca.

Un animo nobile che nel primo dopoguerra , quando mangiare era una fortuna per pochi , selezionava i pesci catturati e non uccideva volatili oltre il fabbisogno familiare.

 A suo modo un precursore del "moderno" catch and release.

Faceva il bidello , nel suo caso , faceva il padre di tutti/tutte i ragazzi/ragazze che studiavano "magistrali" nel suo istituto.

Una persona splendida oserei dire , senza alcun titolo di studio , ma allo stesso tempo saccente come ben pochi "dottorati". Dinamico , sportivo , dedito al suo lavoro, alla sua famiglia ed alle sue due grandi passioni. Non mettiamoci a sindacare signori se sia giusto o sbagliato.... ma nostro signore lo caricò del fardello più pesante per uno come lui , lo costrinse su di una sedia a rotelle paralizzandogli la parte destra del corpo.

Lo portò quindi a dire addio ad una parte di se. Lo portò lontano dai "sui" fiumi e dalle "sue" montagne. Da li a qualche anno naque il nipote , è  mio infinito onore definirmi tale , è  mio infinito onore poter dire di averlo conosciuto e "vissuto". Iniziò da subito. Dalla prima estate che passai con lui  , ogni qualvolta poteva ,   mi parlava di pesca.

Mi parlava dei bei momenti passati nei canali pontini , canna da punta in mano e sacca di bigattini a tracolla a tentar cavedani alla passata in tutte le stagioni e situazioni.

Mi parlava del prete suo compagno di pesca, che piazzava filaccioni per tutto il lago di Nemi , e di come lui subito dopo passava a toglierli. Mi parlava di mio padre che per andare a romper le scatole agli altri con i suoi dispetti , perse una canna da punta all'abbocco di un pesce grosso.

Mi parlava di lenze , delle mirabolanti pescate sul leggendario Volturno;  mi parlava della rugiada del mattino , della nebbiolina "fresca" , del profumo dell'erba ; mi parlava di sensazioni ;  mi parlava del sibilo del filo in tensione , ed io ...io non capivo ...  non capivo quale valore , quale significato , quale passione profonda stava cercando di inculcarmi.

Mi parlava della carpa che agganciò a Nemi con la canna da lancio della quale potè solamente vedere la pinna superiore.  L'animale mistico e misterioso , enorme e furbissimo , il pesce che avrebbe concesso la sua abboccata ad un solo fortunato in tutta la sua vita(erano lontani i tempi del carpfishing con tutte le loro misure e pesi).

E la mia mente sognava... Iniziò tutto una domenica mattina ; ero al garage con papà e mi caddero gli occhi sulle sue vecchie canne da pesca ,  tutte in vetro resina , attrezzature in voga almeno 15 anni prima, da tempo in disuso.

Gli espressi il desiderio di pescare , la domenica successiva ero già in riva al fiume.

Da li a domenica scorsa son passati qualcosa come 22 anni. Molte cose sono cambiate.

Nonno non c'è più... e la sua morte come se non bastasse è stata contornata da molte sofferenze fisiche.

Papà tornò a pescare e oggi ha trovato la sua "pace dei sensi" nel Surfcasting .

E io..... io mi ritrovo ancora nei canali della pianura pontina , respirando i profumi del mattino , bagnando i miei pantaloni con la rugiada , avvertendo quelle sensazioni mistiche ... ascoltando ancora , quando capita.... il sibilo del filo in tensione.

E proprio di quest'ultimo che vorrei parlarvi.

Domenica scorsa è stato un giorno un pò particolare per me.

Venivo da una settimana densa ... il lavoro , la ristrutturazione della casa che NON procede alla velocità desiderata , il primo allaccio del gas che è una botta di fortuna alla pari di un terno al lotto,

la macchina che ha deciso di abbandonarmi proprio quando non c'è quella disponibilità economica tale da permettermi di acquistarne un altra.

Chiedo ed ottengo il permesso (quasi una grazia) da parte di mio padre che mi presta la sua macchinuccia.

Alle 11:00 sono sul fiume.

Il mio obiettivo era quello di scaricare nell'acqua ogni forma di stress e nervosismo accumulato durante la settimana. Non era importante pescare.

Non era importante tirar fuori pesci. Era importante quello standby mentale che solo lo sguardo fisso sul cimino della canna può regalarmi.

Le ore corrono , prendo un paio di cavedani , qualche scardolina ... ma non importa, sono contento lo stesso.

Inizio a chiudere le canne verso le 14:30...  rimane in acqua solo la Cherrywood , il famoso bastone inconcludente ... è un pochino come una sfida , la mia sfida ... lascio in pesca per ultimo l'arnese "meno costoso" e appariscente.

Mi squilla il cellulare , è la mia donna , mi seggo ed inizio a chiacchierare.

Perdo tempo.

Se questo benedetto telefono non avesse squillato , se Valentina si fosse attardata per un qualsiasi motivo a chiamare... io quella canna l'avrei tolta.

E invece no.

Perdo tempo.

E sento nell'aria un rumore , non è quel fastidioso trattore di sempre , non è il  motore di una macchina di passaggio ..... è la frizione del mulinello , è il sibilo del filo in tensione.

"Fèrro" .... ma non ce n'è bisogno , il pesce prende filo , si mette in corrente , va giù per circa 30 mt.

La Cherrywood è impetuosa , fredda , rigida. Prende il pesce e lo tratta con arroganza e veemenza ...quasi lo violenta.

L'animale è ancora lontano eppure basta una scodata per capire che... se riuscirò a portarlo a guadino ... oggi sarà un giorno per me memorabile.

Il combattimento è lungo e faticoso anche perchè mettendomi sdraiato sulla poltroncina da carpista a godermi il sole non mi sono accorto del vistoso calo di livello dell'acqua ed il guadino da 2,70mt è diventato maledettamente corto.

Penso a come fare per  ... o meglio , non ho fatto nemmeno in tempo a pensare.

Mi butto sul fango che precedentemente era il fiume.

Mi sporco fin sopra ai capelli. Sudo... signori , sudo come se fosse il mese di Agosto.

Subito dopo mi rendo conto che il coppo pieghevole da 60 ... è un pochino insufficente.

Tribolo.Lei pure.

Riprende di continuo il centro del fiume. Sa che mi sta affrontando. Sa che mi sta stancando.

Sa che io come lei....posso cedere.

Ed il filo..... continua il suo canto.

Provo ad infilarle la testa nel guadino...scoda e riparte ,  provo dalla coda...e riparte... alla fine sommergo il guadino mezzo metro sotto l'acqua.

Lo alzo e vado a vuoto...primo tentativo , ci riprovo ....e ancora niente ,  terzo tentativo......

E' MIA.

Sono tremendamente felice.

E' MIA E SOLO MIA.

La abbraccio...sono fradicio di acqua , fango ...di tutto. La bacio.

Non sto quì ad indicarvi il peso...non mi interessa questo. E' il mio pesce..

è la carpa più grossa che abbia mai preso in vita ... di certo non grossa come quella carpa leggendaria , ma in quel momento pensai fortemente a quanto sarebbe stato bello mostrarla a nonno... a cosa avrebbe potuto dirmi...a quali elogi avrebbe potuto farmi.

Quella carpa era ... ed è il continuo della storia mia e di mio nonno .... il continuo di questa splendida "malattia" che quell'uomo ha saputo trasmettermi.

Ricordo ancora quel lunedi conseguente il mio primo giorno di pesca ,  mi vide e mi chiese :  "Allora Stè....ti piace la pesca??" ...... ti rispondo ora nonno......

"MI PIACE DA IMPAZZIRE".

 

 


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