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La magia del lago di Castello

Di Samuele MAFFEI pubblicato il 31/12/09

Erano le cinque del mattino quando io e mio padre stavamo raggiungendo il lago di Castel  Gandolfo chiamato anche “Castello”.

Il nostro obbiettivo era catturare qualche esemplare di amur. 

Sulla postazione ci aspettavano due grandi artisti del carpfishing e soprattutto autori di catture mostruose: Memmo di 63 anni e Vincenzo di 62.

Appena arrivati  andammo a posizionare le canne dove avevamo pasturato nei giorni precedenti. Gli inneschi erano soprattutto a base di mais(esca preferita dell’ Amur.

Tutti si raccomandarono con me di non ferrare perché mi spiegarono che l’ Amur è un pesce difficile da portare a guadino.

Arrivata la sera mangiammo tutti insieme mentre ascoltavamo i racconti di Vincenzo.

Prima di “metterci in branda” mio padre andò a prendere l’ acqua per la notte.

Nel frattempo io mi misi in tenda e dopo circa cinque minuti tre bip mi fecero uscire dalla tenda; mi accorsi così che sul pod mancava una canna.

Allora pensai che mio padre non aveva aperto la frizione.

Appena tornò lo misi al corrente di quella notizia che lo fece preoccupare molto, ma Vincenzo ci tranquillizzò dicendo che la mattina seguente l’avremmo ritrovata.

Io e mio padre non riuscimmo a dormire per tutta la notte e così attendemmo il mattino guardando la tv portatile.

Arrivò il mattino senza che la notte ci aveva regalato nulla. Vincenzo prese la barca e insieme a mio padre andò “alla ricerca della canna perduta” .

Loro si trovavano al centro del lago quando una canna partì “diretta”.

Urlai a mio padre se potevo proseguire con una ferrata.

Lui mi diede il via ed io iniziai il combattimento con un pesce che mi stava finendo il filo del mulinello.

 Decisi di entrare in acqua per controllare meglio la situazione.

 Il combattimento si stava facendo sempre più difficile comunque dopo dieci minuti l’Amur entrò nel raggio di 20 metri, anche se di entrare nel guadino proprio non ne voleva sapere.

Durante il combattimento cercai di trovare una soluzione, cioè quella di accucciarmi senza farmi vedere da quell’esemplare così diffidente e difficile da portare a guadino.

Tentai l’ impresa che sembrava molto difficile per la massiccia presenza di rocce che potevano farmi rischiare l’incaglio.

Dopo una serie di tentativi andati a male il grande Amur entrò nel guadino che mio padre appena arrivato a riva corse ad immergere nell’acqua al mio fianco.

Ammiravo quell’ esemplare come un fan ammira il suo cantante preferito, non solo per il suo peso di circa 20 kg , ma per aver messo a dura prova me e la mia attrezzatura.

Dopo  la classica foto ricordo rilasciai il pesce augurandogli un buon viaggio per quello che sarebbe stato il suo futuro.

Dopo quell’estenuante cattura Vincenzo si congratulò con me dicendomi che ero stato il primo ragazzo ad avere avuto un duello faccia a faccia con un mitico Amur di Castello.

 In seguito avemmo un’ altra partenza e così mio padre decise di mandarmi a ferrare.

Questo mi fece capire che ormai avevo guadagnato la loro fiducia.


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