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Avventure austriache: non dire gatto?

Di Riccardo Dominici - Foto di O. Dominici pubblicato il 02/03/07

Voglio farvi partecipi di una sessione di pesca iniziata bene e finita come peggio non poteva.
Quanto successo mi ha fatto molto pensare, e comprendere che ogni sessione di pesca deve essere preparata sin nei minimi dettagli senza nulla trascurare.
Ma veniamo ai fatti.
Mio padre riesce a prendersi una settimana di ferie a ferragosto, e decidiamo di andare in Austria da Adriano Gargantini, per tutta una serie di motivi, ed anche per il fatto che l’albergo di Adriano dista da casa nostra poco più di un centinaio di chilometri e che in caso di necessità mio padre sarebbe potuto rientrare al lavoro in poco tempo.
I giorni che precedono la partenza sono dedicati a decidere il da farsi e una volta presa la decisione a preparare l’attrezzatura e le pasture che avremmo usato.
Si arriva da Adriano seriamente intenzionati a passare qualche giorno sul laghetto di Birkenoff, dove è ammessa la pesca notturna in quanto è un lago gestito privatamente.
A questo punto sono doverose alcune precisazioni: in Austria non si può campeggiare al di fuori delle aree autorizzate (campeggi), tutte le acque sono private così come le rive dei fiumi e dei laghi; in poche parole non esiste un Demanio dello Stato pertanto quando si và a pescare si è sempre su di un’area privata per cui bisogna acquistare i permessi di pesca relativi alla riserva che si intende frequentare ed inoltre, è necessario munirsi di una licenza di pesca Regionale la cui validità è settimanale, del costo di pochi euro. Il Birkenhoff non è un carpodromo e saranno almeno vent’anni che nessuno vi immette un pesce, pertanto le carpe che nuotano in questo laghetto sono assolutamente selvatiche e difficili a pescarsi. Questo posto un tempo era molto ricco di carpe e di lucci, ed ora vi sono solo pochissimi lucci di piccola e media taglia, perché si riproducono e la popolazione di carpe rimasta è ai minimi termini, ma le carpe rimaste sono di buona taglia con alcuni esemplari di carpe cuoio che superano abbondantemente i 20 chili. Altra caratteristica particolare di questo lago è la temperatura delle sue acque: sono sempre tiepide ed in inverno anche se si forma il ghiaccio, quest’ultimo, non ispessisce mai a dismisura, pertanto è un lago molto frequentato in estate per farvi il bagno.
Si va dai titolari e ci accordiamo per trascorrervi tre giorni e due notti, chiediamo se possiamo pasturare la risposta è positiva.
Scendiamo sul lago e notiamo che c’è un altro pescatore con cinque canne in acqua proprio sulla postazione che intendevamo occupare, gli chiediamo come va e ci risponde che è lì dal giorno prima e che non ha avuto neanche una partenza. In quella postazione, questa primavera in tre giorni ho avuto una sola partenza, ma la carpa che sono riuscito a portare a guadino rapprenda ancora in mio record personale. Non ci perdiamo d’animo, sappiamo benissimo che le probabilità di realizzare un “cappotto” sono di gran lunga maggiori di quelle di ottenere una partenza.
Scegliamo una postazione diversa; decidiamo dove avremmo dovuto pescare da riva e con il “cucchiaione” gettiamo in acqua su due spot molto difficili ed infrascati un decina di chili di mais ad un centinaio di metri da dove ci saremmo posizionati con i pod, da notare che la profondità media in questi due spot raggiunge gli otto metri.
L’indomani mattina arriviamo tardi sul lago perché mi ero fatto portare da mio padre in un negozio per acquistare un gommoncino, da utilizzare per poter portare fuori i terminali e posizionarli al meglio sui due spot prescelti, ricchi di legnaie sommerse. Ovviamente mio padre mi compra anche il giubbotto salvagente indispensabile, anche per chi sa nuotare bene come me.
Sorpresa: su uno degli spot c’è un altro pescatore che ha posizionato le sue esche.
Pazienza, pompiamo il gommoncino e mentre io esco a pasturare mio padre monta le canne ed i pod e speriamo che il pescatore che ha occupato l’altra postazione prima che faccia buio se ne vada. Alle due del pomeriggio tre canne sono in acqua, montiamo la tenda e verso le sei il pescatore prima citato raccoglie le sue cose e se ne và, io mi “fiondo” immediatamente a posizionare le altre due canne ed a pasturare.
Mentre mia madre (si! in queste occasioni ci accompagna anche lei) comincia a preparare la cena, io rientro e controllo che tutto sia posto: i bait-runner sono ok, i segnalatori sono accesi, il guadino è a portata di mano così come il tappeto di slamatura. Mi siedo speranzoso e sereno, ripasso a mente tutte le operazioni effettuate e mi sembra di non aver trascurato niente pertanto ora manca solo il tocco finale: una bella partenza.
Detto fatto, sono con il piatto in mano quando la canna posizionata sulla postazione di centro parte all’impazzata. Vado sulla canna, chiudo il bait runner e ferro. La frizione fischia, tengo la canna alta e cerco di sollevare la carpa dal fondo, la paura che si infili nelle legnaie sommerse è tanta, l’ adrenalina sale e per fortuna la carpa cambia improvvisamente direzione e và verso sinistra, non ho paura che incroci le altre lenze perché sono tutte adagiate sul fondo con gli affonda filo.
Pazientemente usando la frizione, dopo pochi minuti riesco a portarla a distanza di guadino ed a recuperarla. È una bella specchi che supera di sicuro la decina di chili, e dal momento in cui ormai si è fatto buio decidiamo di rimandare a domani le foto di rito e la pesatura, mettendola in una sacca di ritenzione.
Sono felice, una bella carpa è già stata presa, sono con i miei genitori, il cielo è sereno e le stelle che brillano alte nella volta celeste sembrano ammiccarmi.
È veramente una bella serata estiva, tiepida e godibile.
Verso le ventuno e trenta c’è un’altra partenza, questa è una carpa più piccola che porto a guadino senza difficoltà.
Ora sono veramente soddisfatto, l’altro pescatore posizionato sulla sponda opposta a questo punto accende un falò le cui fiamme si riverberano sul piano d’acqua e dei suoi amici sono venuti a trovarlo.
Più il baccano sale, più scendono le nostre speranze di riuscire a catturare qualcosa durante la notte, ma tant’è.
Visto come si sarebbe prospettata la serata decidiamo di chiuderci in tenda, anche perché l’umidità si fa sentire. Steso sul mio lettino parlo della giornata con mio padre e verso le undici ci diamo la buona notte.
Circa alle due del mattino accade quello che non ci si aspettava, abbiamo una partenza: corro fuori dalla tenda gettandomi a capofitto sulle canne e ferro.
La canna è quella di destra, quella più lontana dal caos ma la più vicina alla tenda e depositata ai bordi di un banco di ninfee, è una carpa comune di cinque chili circa che slamiamo direttamente in acqua. Mio padre accende una sigaretta (sarebbe l’ora che smettesse…), ed io mi siedo accanto a lui commentando quanto sta accadendo sulla riva opposta, pensando anche a come avrebbe potuto essere diversa una serata così, visto la predisposizione della carpe a mangiare solo se non ci fosse tanta confusione ed un falò le cui fiamme ora si innalzano alte nel cielo illuminando a giorno lo specchio d’acqua.
Comunque non ci possiamo fare niente e così ritorniamo a dormire.
Verso le otto del mattino ci svegliamo e facciamo colazione, poco dopo arriva Francesco Gargantini nel suo solito giro di controllo alle riserve e così approfittiamo per fare le foto di rito e pesare la carpe catturate la sera prima, una pesa undici chili e mezzo e l’altra otto chili.
Alla prossima battuta di pesca!


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