Di Roberto Granata pubblicato il 14/02/13
Ritorna il fatidico giorno, il sempre irrinunciabile appuntamento con la regina. Cambiano i tempi, cambiano molte cose (compresi i pesci), ma il fascino del trota e degli ambienti dove torniamo ad insidiarla resistono e continuano ad affascinarci. Come presentarci, quindi, all’appuntamento nel migliore dei modi? Ovviamente tenendo presente determinate regole, quelle che sono comunque una costante in questa pesca, ma che dopo qualche mesetto di stasi sono magari un po’ arrugginite nella mente ed anche nelle mani (leggi lancio, recupero dell’esca, ferrata e recupero della preda), ed aggiungendo, certo, fantasia e soprattutto spirito di osservazione. Proprio su quest’ultimo vale la pena di insistere, in quanto le condizioni, sia del corso d’acqua che del periodo, ci potranno indirizzare verso un corretto approccio.
CONDIZIONI INVERNALI, MA…
Le acque alla fine di Febbraio sono piuttosto fredde, e non è che ci sia molto da ridire ma, ad un attento esame, non lo sono tutte allo stesso modo. Potendo scegliere, ad esempio, tra torrente e risorgiva, in quest’ultima troveremo linfe dalla temperatura di certo bassa, ma che è rimasta più costante durante l’inverno, come più costante è rimasto di norma il livello. Tutto ciò può portare ad avere pesci più “attivi” o, se preferite, meno intorpiditi. Un altro fattore importante, stavolta a prescindere dall’ambiente che frequenteremo, è il sapere se avremo a che fare con pesci abituati a vivere in quel luogo o di recente, per non dire recentissima, immissione. I primi saranno di certo più propensi all’attacco, perché abituati a vivere in quel contesto, mentre gli altri, non avendo avuto il tempo per abituarvisi, e proveniendo molto spesso da ambienti totalmente diversi (temperatura, corrente, alimentazione, impossibilità di sfogare alcuni istinti, ecc.), saranno facilmente più restii all’attacco. Come comportarci quindi?
DUE PARTICOLARI MOLTO IMPORTANTI
Il recupero adatto e la scelta dell’artificiale adatto; ecco i due particolari da non scordare mai, ma soprattutto all’apertura e per un certo periodo a seguire, fino a primavera spesso inoltrata. Partiamo dal recupero. Chi non pratica abitualmente lo spinning alla trota è portato, secondo me, a recuperare qualsiasi artificiale troppo velocemente, pensando (e spesso realizzando) che diversamente non riesca a lavorare. Ciò purtroppo è vero quando non scegliamo quello adatto, quindi abbiamo paura (spesso a causa dell’acqua limpida) che tocchi sempre il fondo (ma anche se lo tocca non succede niente) e, soprattutto, quando non sfruttiamo le vene di corrente, rendendolo noi stessi inservibile. Le ultime due voci si migliorano enormemente pescando a scendere anziché a risalire ma, visto che ne abbiamo già parlato ampiamente in passato, proviamo a pensare di migliorare il recupero anche a favore di corrente. Come comportarci? Sempre secondo il mio modesto parere, non è assolutamente vero che l’artificiale debba per forza di cose lavorare in continuazione, esaurendo un recupero in tre secondi. Avrete sicuramente notato che buona parte degli inseguimenti e degli attacchi delle trote avvengono nei primi istanti del recupero, non appena l’artificiale comincia a lavorare. Ed avrete anche notato che, se la trota non attacca insegue, non importa se per un tratto breve o lungo, un affare che continua a fare la medesima cosa che inizialmente l’ha soltanto interessata (effetto sorpresa) ma non coinvolta al punto tale da attaccarlo! Quindi perché continuare? Perché altrimenti l’esca va a fondo o naviga nella corrente? Bene, può darsi che quando riparta (e spesso succede) coinvolga di nuovo, come in un nuovo recupero, un pesce che diversamente, dati alla mano, tornava nella sua tana. Tutto ciò per dire che, anche pescando a risalire, abbiamo più opportunità di quelle che crediamo o che crediamo di essere costretti a subire dalla morfologia del luogo. Ricordiamo poi di non scartare a priori una pesca trasversale alla corrente, che in certi frangenti deposita e/o fa rimanere l’esca in punti diversamente tabù.
L’ARTIFICIALE
Assume ovviamente un’importanza basilare, sia per permetteci di attuare i giochetti appena descritti che per interessare i salmonidi, spesso un po’ intorpiditi, del periodo in oggetto. S’impongono quindi artificiali che ci aiutano a restare in pesca il più a lungo possibile e che, al tempo stesso, provochino gli stimoli che fanno perdere le staffe alle trote “dell’apertura”. Una ninfa di generose dimensioni che mantiene bene il fondo e che non sale verso gli strati superficiali al minimo richiamo è, ad esempio, un’ottima scelta per acque piuttosto fredde e trote da poco immesse. Lavora sul fondo, lentamente, e vi staziona (se ben fatta e governata) per tutto il tempo necessario a stimolare pesci apatici, frastornati ed infreddoliti. Se le condizioni sono diverse (temperatura dell’acqua un poco più mite e trote selvatiche o ben acclimatate) possiamo osare di più anche con artificiali “classici” (preferirei comunque ancora i minnows ai rotanti), ma l’importante è comunque restare più a lungo in pesca, senza troppi virtuosismi, per stanare (nel vero senso della parola) pesci che, visto tutto quanto detto, si muovono, rispetto ai periodi più caldi, con meno curiosità e più concretezza, spesso soltanto se il gioco vale la candela.
Non ci rimane che aspettare il fatidico giorno per rivedere quei luoghi che, da soli, valgono sicuramente il viaggio e la fatica. Se poi quest’ultima si trasforma in piacere con l’attacco di qualche bella regina……
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