Di Samuele Maffei pubblicato il 22/01/10
Era l’estate del 2009. Dopo aver trovato un posto dove le carpe nuotavano addirittura con le pinne fuori dall’acqua e dopo aver pasturato per parecchi giorni quell’insenatura, io e mio padre ci preparammo ad affrontare ancora una volta un’avventura strepitosa.
Ci alzammo alle quattro del mattino con lo sgradevole rumore della sveglia che mi penetrava l’orecchio.
Dopo esserci lavati e vestiti uscimmo di casa che era buio pesto e prendemmo la macchina già carica dalla sera precedente.
Questo tipo di uscite che durano soltanto un giorno ed una notte mio padre le definisce “passeggiate” che servono sopratutto per verificare se conviene continuare a pasturare in quel posto oppure se spostarci in un altro posto più redditizio.
Ci avviammo verso il Turano, lago che fino ad allora non mi aveva mai deluso.
Arrivati nella nostra gola lanciammo immediatamente le canne.
Il mio rod pod era posizionato nella parte più esterna della piccola gola .
Posizionai tre canne, la prima innescata con una boilie Mulberry singola affondante, la seconda con Scopex doppia affondante e la terza con Rosheip singola pop up.
Mio padre si era posizionato nella parte centrale della postazione e nella sponda dritta che precedeva la gola.
Nel pomeriggio, stanchi della breve ma pesante giornata ci mettemmo a riposare.
Dopo un po’ una partenza in “calata” ci fece catturare di una breme dai stupendi colori, anche se non era lei il nostro principale obbiettivo.
Attesi la sera divertendomi con il mio cane Raul, anche lui protagonista di questa avventura. Verso sera mio padre chiamò il ristorante situato a 500 metri da lì e subito dopo andò a prendere la nostra cena . Proprio quando rimasi solo una carpa abboccò alla mia canna e fuggì spedita verso il centro del lago fece suonare il segnalatore in modo assordante . Uscii dalla tenda e corsi spedito verso il mio pod per ferrare con potenza. Dopo uno splendido combattimento durato più di 5 minuti di riuscii a padroneggiare la carpa. Mi accorsi che sotto di me c’erano delle pietre enormi che non mi permettevano di raggiungere facilmente la riva. Proprio in quel momento la carpa ripartì verso la sponda opposta e, avendo la frizione chiusa , mi fece cadere a terra .
Sentii la canna che allentava la tensione del filo e il piombo che cadeva libero verso il fondo.
Capii in un secondo che la carpa che credevo di aver padroneggiato per tutto quel tempo mi aveva slamato. In quel momento mi sentii come un calciatore che sbaglia un calcio di rigore.
Venne mio padre e gli raccontai l’ accaduto. Lui mi disse la frase che mi ha spinto a scrivere questo articolo: << C’ è sempre un’ ultima speranza! >>
Io non essendo ottimista non diedi tanta fiducia alle sue parole.
Andammo a dormire mentre la notte scorreva in fretta .
Appena svegliati , dopo una nottata senza alcuna sorpresa, facemmo colazione e ci mettemmo a giocare con le carte sul tavolo da campeggio.
Dopo un po’ decidemmo di lasciare il posto e di tornare a casa dove ci aspettava mia madre e mia sorella .
In quell’ istante una mangiata intensa mi fece sobbalzare e correre all’impazzata verso la canna. Ferrai con sicurezza per cercare di riacquistare la fiducia di mio padre in tutti i sensi.
Indossai il giubbotto con una mano sola e salii sulla porta bote guidata da mio padre che andava molto veloce verso la preda. La carpa saltò due volte fuori dall’ acqua. Dopo altri 5 o 6minuti perse le forze e così si portò a tiro di guadino.
Mio padre orgoglioso di me mi diede una pacca sulla schiena.
Facemmo una foto ricordo e subito dopo donammo la libertà alla nostra amica verso il percorso della sua vita.
Fu una giornata fantastica da aggiungere alla collezione delle mie esperienze, soprattutto perché da allora credo sempre nell’”ULTIMA SPERANZA”.
Un saluto e alla prossima avventura.
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